Jaroslav Rudiš

Un brano scelto da:

Helsinki, dove il punk si è fermato

Traduzione di Tiziano Marasco

Sex Pistols

Si facevano chiamare Sex Pistols, anche se la band al loro tempo era morta da parecchio e anche se erano solo due. Ole e Frank. Sid e Rotten. Si facevano chiamare Sex Pistols e, quando Ole ci pensa, oggi, lo trova un po’ imbarazzante, ma non ci può far molto. Non suonavano. Semplicemente mettevano della musica al massimo in camera di Ole e si scalmanavano facendo finta di tener in mano chitarre e microfoni. Il letto e la scrivania erano il loro palco e i vasi di fiori che la mamma di Ole annaffiava regolarmente erano le ragazze arrapate tra il pubblico. Pestavano i piedi e saltavano per la stanza dove si dice che alla fine della guerra fosse stato ferito gravemente un soldato americano e Ole giura di aver visto, almeno un paio di volte durante la notte, la sua ombra nel corridoio alla ricerca di qualcosa, il che in questa città è una costante.

Far finta di essere un gruppo li divertiva più dei modellini ferroviari. Più di un’autopista. Più che i dipinti di isole e arcipelaghi fantasiosi, ma questo lo faceva solo Ole, perché Frank o il Praghese probabilmente non ci avrebbero mai capito nulla.

Tramite il fratello maggiore di Frank, Torsten, in breve riuscirono a procurarsi un gran numero di dischi e soprattutto di cassette, perché il mondo al tempo girava attorno alle cassette che si riproducevano facilmente. Così ascoltavano punk. E la new wave tedesca. E ancora punk e i Damned e i Ramones e gli Exploited e i DAF e i Toten Hosen.

ll fratello di Frank diceva loro che i Sex Pistols non sapevano suonare nulla e alla fine erano diventati delle vere star. Avevano soldi e tutte le ragazze del mondo erano pronte a fiondarglisi nel letto, fino a quando ce n’erano così tante che il letto si è sfondato e la band si è sciolta.

E proprio così avrebbero fatto anche loro.

Sarebbero diventati delle star. Non sarebbero stati capaci di suonare niente e tutte le ragazze del mondo sarebbero state pronte a fiondarglisi nel letto. O almeno un paio di compagne di classe. Certo, per cominciare sarebbe stato più che sufficiente: Mimi gliel’avrebbe data. E Sandra e Janette anche. E alla fine anche Christiane quella che aveva una storia con uno del liceo di tre anni più grande ed era una tipa così superba che si sarebbe meritata che qualcuno le rompesse il righello sul suo celestiale culo. E gliel’avrebbe data. Tutte avrebbero voluto stare con loro e si sarebbero messe in coda e loro lì a scegliersele. E così avevano fondato la prima vera band sul serio. Volevano chiamarla Sex Pistols Zwei, ma alla fine avevano deciso di chiamarsi solo The S. Avevano quindici anni e a scuola erano ancora compagni di banco.

Facevano le prove in una cantina della casa che apparteneva alla nonna di Frank che in quel buco aveva atteso la fine della guerra. Sopra la porta c’erano ancora fori di proiettile di quando a uno era partita una smitragliata per uno sfortunato caso.

Si erano procurati una chitarra e un basso vecchi. Invece degli amplificatori usavano un vecchio registratore. E poi cercavano di trovare ancora qualcuno ma la cosa non era mai andata in porto. E così, sono sempre rimasti solo due. Ole alla chitarra, Frank al basso e alla voce. Come batterista alla fine la miglior scelta si era rivelata essere un distributore automatico, era sempre affidabile e non aveva mai niente da ridire. Così avevano deciso di cambiare nome, da The S ad Automat.

Helsinki, dove il punk si è fermato

di Jaroslav Rudiš

Traduzione di Tiziano Marasco

Formato 11,5 x 19,5
304 pagine
Prezzo: € 18,50

Anno di pubblicazione: 2018
ISBN 978-88-940346-2-2
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